Ormai un mese fa si è concluso il Trieste Next, il festival annuale della ricerca scientifica che si svolge a Trieste, e a cui ho partecipato dal 27 al 29 settembre.
Prima di raccontarvi cosa mi porto a casa da quei giorni triestini, voglio innanzitutto ringraziare il team di Mada per avermi supportata in questa avventura e tutti coloro che hanno voluto sostenermi economicamente contribuendo alla raccolta fondi, organizzata a questo scopo. Senza il vostro aiuto non avrei potuto vivere questa esperienza.
Mi sento di dire senza dubbio che il bilancio è super positivo! Le aspettative che avevo prima di partire non sono state disattese: è stata un’occasione unica di formazione, che mi ha permesso di apprendere nuove nozioni in ambito scientifico, ma anche di confrontarmi con altri studenti su temi di interesse reciproco.
Io ho partecipato al progetto Academy, che mi ha permesso di partecipare a momenti di incontro e approfondimento esclusivi nonché di accedere in via preferenziale a tutti gli eventi in calendario. Gli eventi a cui ho assistito sono stati in totale 15, suddivisi tra mattina, pomeriggio e sera. Devo ammettere che tutti i relatori e relatrici hanno dimostrato elevata competenza e i temi di discussione non erano per nulla scontati. Vi racconto brevemente com'è andata, accompagnandovi per mano in quegli che penso siano stati gli highlights principali di queste due giornate intense.
La corea di Huntington - l'intervento di Elena Cattaneo
Elena Cattaneo, Professoressa Ordinaria all’Università degli Studi di Milano e dal 2013 senatrice a vita, era forse la relatrice a cui ero più interessata, fin dall'inizio. Devo assolutamente confermare che l’interesse non è stato mal riposto, perché Cattaneo ha presentato magistralmente ciò di cui si occupa da sempre: la corea di Huntington. Per chi non la conoscesse, la corea di Huntington è una malattia genetica neurodegenerativa che causa movimenti involontari anomali (da cui il nome corea, dal lat. chorĕa ‘danza corale’), e un sempre più evidente declino cognitivo con problemi psichiatrici.
È causata da una mutazione autosomica dominante in uno dei due alleli del gene HTT, sul braccio corto del cromosoma 4 (locus 4p16.3) e codificante per la proteina chiamata huntingtina. Essendo autosomica dominante questo significa che il figlio di una persona affetta dalla mutazione ha una probabilità del 50% di ereditare la condizione. Purtroppo ad oggi non c’è una cura per la corea di Huntington, rendendo ancora più fondamentale la ricerca. Come raccontato dalla Cattaneo, le strategie attualmente in essere sono principalmente due e sono entrambe basate sulla terapia genica: il silenziamento del gene mutato, con il fine di ridurre la produzione di huntingtina mutata, e la riduzione delle unità CAG ripetute, con il fine di rimuovere la mutazione.
La malattia è una patologia rara, ma non bisogna dimenticare che esistono persone al mondo che ne soffrono (centinaia di migliaia!), la cui qualità di vita è drasticamente bassa, per cui vale la pena continuare a investire nella ricerca, sperando di trovare al più presto una cura efficace.
L'evoluzione del nostro cervello - l'intervento di Wieland Huttner
Wieland Huttner era un altro relatore di cui attendevo con ansia l'intervento. Huttner è Direttore emerito dell’Istituto Max Planck di biologia cellulare e di genetica molecolare di Dresda, e nel suo laboratorio di neurobiologia si occupa di identificare i cambiamenti genomici che sono alla base dell'aumento del numero di neuroni nella neocorteccia umana rispetto ad altri primati.
Durante il suo intervento, dal titolo "Development and evolution of the human brain", Huttner ha spiegato come la nascita dei neuroni corticali dipenda principalmente dalle cellule staminali basali, e come il gene umano ARHGAP11B, assente nei primati non umani, abbia favorito l’espansione della neocorteccia potenziando la proliferazione di queste cellule attraverso una mutazione specifica.
Il team di lavoro di Huttner ha così provato a esprimere questo gene specifico per l’uomo nelle scimmie, e ha constatato che effettivamente vi era sia un’espansione in termini di dimensione del loro cervello, sia un miglioramento delle funzioni cognitive (apprendimento più rapido e più accurato). Il suo lavoro apre nuove prospettive nel campo delle neuroscienze: maggiore conoscenza si ha di un certo argomento e più facile è indagare questioni ancora poco chiare, relative al funzionamento cerebrale.
L'intelligenza (non solo artificiale) - il main topic dell'edizione 2024
Tecnologie innovative per la nostra salute, alimentazione sempre più indirizzata verso il mondo vegetale, big data prodotti in quantità enormi ogni giorno e assistenti virtuali che accompagnano l’uomo nelle scelte quotidiane anche le più banali, sono solo alcuni altri esempi degli argomenti affrontati. Argomenti indagati anche relativamente alla questione dell’intelligenza artificiale, main topic dell’edizione 2024 di Trieste Next.
Per esempio; in che modo l’AI apre gli orizzonti della nostra intelligenza, quella umana? Come la si deve usare perché sia effettivamente utile e non un’entità incontrollabile? Quali sono i limiti etici da adottare a riguardo?
Ascoltando i pareri degli ospiti, posso dire di essermi creata un’opinione abbastanza solida (e penso abbastanza condivisibile), riguardo a questa nuova tecnologia: l’intelligenza artificiale deve essere considerata un tool, un mezzo, di cui servirsi per svolgere funzioni che l’intelligenza umana indubbiamente non riesce ad adempiere negli stessi modi e tempi, ma non deve, invece, essere pensata come il fine.
Se ci aspettiamo che l’AI possa risolvere i problemi del mondo stiamo sbagliando. Le idee nascono dal nostro vissuto, dall'inquietudine scaturita dal non sapere; se ci fermassimo all’output che la macchina restituisce al nostro input, si perderebbe quello che è il processo creativo, essenziale per trovare nuove soluzioni a questioni irrisolte.
Rimangono poi temi aperti riguardo al suo utilizzo, e per cui ci si interrogherà probabilmente molto negli anni a venire, come per esempio la questione etica (in quali ambiti applicarla?), le regolamentazioni (non ne esistono ancora di adeguate) e la privacy (i dati che forniamo alla macchina dove finiscono?).
La disparità di genere - la Scienza è donna?
Un altro tema importantissimo su cui ho potuto interrogarmi e riflettere è stato quello della disparità di genere, che ancora oggi pervade purtroppo ogni ambito della nostra società, mondo della scienza incluso. Cattaneo è, infatti, da sempre molto attiva, non solo nella divulgazione scientifica, ma anche negli aspetti legati al sociale e, durante l’evento "Scienziate. Storie di vita e di Ricerca", ha presentato il suo nuovo libro dall’omonimo titolo, affrontando la questione.
Tra le ospiti, Maria Dolores Ferrara, Professoressa Associata di diritto del lavoro presso l’Università di Trieste, ha riportato alcuni dati: nel mondo accademico, per esempio, dal 2012 al 2022, la percentuale di donne Professoresse Associate è salita dal 34,9% al 42,3%, e quella delle Ordinarie dal 20,9% al 27%. Se dunque la presenza femminile cresce nei ruoli accademici più elevati, lo fa però assai lentamente; laddove tali ritmi di crescita restassero stabili, e considerando ad esempio la prima fascia della docenza, potrebbero volerci quasi trent’anni per arrivare ad una sostanziale parità. Un lasso di tempo, francamente, inaccettabile.
Ecco, quindi, la necessità di un libro che possa dare speranza alle donne di scienza del futuro: dieci testimonianze di dieci scienziate del presente, che hanno lottato per farsi strada e tuttora faticano per aprire le porte a quelle del futuro. Una di queste è Silvia Ferrara, Professoressa Ordinaria di filologia egea all’Università degli Studi di Bologna, ospite dell’evento.
Secondo Ferrara, “Si dovrebbe pensare che sia normale che le donne facciano scienza, che possano avere un ruolo nella società che sia fuori dalle famiglie, un ruolo che sia lontano da ciò che si definisce accudimento, e che non si dovrebbe dare per scontato il contrario solo perché è stato così dai tempi del paleolitico fino ad oggi”. Queste parole mi hanno molto colpito; le donne dovrebbero poter davvero avere la possibilità di esprimersi al 100% nella società, indipendentemente da quello che fanno. Ovviamente il percorso per raggiungere la parità di genere è ancora molto lungo, ma è necessario continuare a impegnarsi per far sentire la propria voce e per sensibilizzare coloro che ancora non credono esista un dibattito da affrontare.
“Per combattere un problema, bisogna riconoscerlo, e per riconoscerlo si devono avere gli strumenti adatti” — Elena Cattaneo
Concludo dicendo che questa esperienza è stata, di certo, un’occasione formativa, ma ha soprattutto acceso in me la speranza che, nonostante il momento storico in cui stiamo vivendo, anche una giovane donna possa e, anzi debba, costruirsi una propria carriera professionale di cui andare fiera.
Beatrice Leardini