Grazie ai numerosi sforzi e alle numerose ricerche condotte in tutto il mondo, diversi vaccini anti COVID-19 con altrettante differenti metodologie sono stati sviluppati, testati, prodotti e alcuni di essi sono diventati recentemente disponibili. Milioni di persone hanno già ricevuto le dosi, ma nonostante i dati sulla sicurezza e efficacia, per alcune persone permangono ancora dubbi e perplessità. Oggi proveremo a risolverne insieme qualcuno.
Come funzionano i vaccini contro COVID-19
Prima di passare alle domande, è necessario descrivere brevemente come funzionano i vaccini contro COVID-19. Quando il virus SARS-CoV-2 entra nel nostro organismo, il sistema immunitario acquisito riconosce il patogeno, e conseguentemente disegna per questo agente esterno uno specifico identikit. Questo identikit viene quindi salvato nella memoria del nostro organismo permettendo il riconoscimento più rapido nel caso di un seguente attacco da parte del patogeno. Quanti di noi hanno sentito parlare in questi mesi delle immunoglobuline IgG e IgM? Bene, le IgG e le IgM sono le principali protagoniste di questo meccanismo di immunità acquisita (e sono due dei vari altri anticorpi sviluppati dal nostro corpo).
Disegnare questo identikit, almeno per quanto riguarda i vaccini contro COVID-19, può avvenire in 3 modi:
Innanzitutto, inoculando l'RNA messaggero (mRNA), come avviene nei vaccini a mRNA di Pfizer-BioNTech e Moderna. L'mRNA è il filamento di ribonucleotidi (i mattoncini che compongono l’RNA) che porta le informazioni necessarie per sintetizzare una determinata proteina; somministrando l'mRNA è possibile insegnare alla cellula a produrre in autonomia la proteina virale (o parte di essa), in modo da scatenare la reazione immunitaria e costruire l'identikit. In questo specifico la proteina è Spike, che costituisce la corona del SARS-CoV-2. Una volta formata all’interno delle nostre cellule, il sistema immunitario riconoscerà la proteina come un agente esterno e inizierà a costruire una risposta immunitaria, partendo dalla formazione degli anticorpi. Questa tipologia di vaccino ha dalla sua parte l’alta efficacia e la velocità di produzione, ma deve essere mantenuto a temperature molto basse a causa dell'instabilità dell'RNA, per evitarne il deterioramento.
Una seconda metodologia è quella utilizzata dai vaccini a vettore virale di Astrazeneca-Oxford e ReiThera-Istituto Spallanzani. Questa categoria di vaccini sfrutta la versione attenuata di un virus a DNA (Adenovirus), versione innocua poiché privata delle sequenze che rendono il microrganismo nocivo e contagioso. Questo vettore virale viene usato per introdurre all'interno del nostro organismo la sequenza genetica della proteina Spike sotto forma di DNA, al fine di stimolare la risposta immunitaria adeguata. All'interno della sequenza dell'Adenovirus vengono inseriti uno o più geni del virus da cui dobbiamo tutelarci, nel nostro caso del Sars-CoV-2. Essendo il DNA una molecola molto più stabile rispetto all'RNA, e avendo un rivestimento proteico a proteggere l'Adenovirus, questo tipo di vaccino è più stabile della precedente. L’Adenovirus indebolito privato di geni è reso incapace di replicarsi all’interno delle nostre cellule; una volta nel nostro corpo, rilascerà il DNA attivando la produzione temporanea della proteina Spike, la quale, come conseguenza, stimolerà il sistema immunitario.
Infine abbiamo i vaccini a proteine ricombinanti, come quelli prodotti da Novavax e Sanofi- GSK. Un vaccino a proteine ricombinanti si basa sulla somministrazione di una o più proteine virali, insieme ad un adiuvante, una sostanza che, se somministrata insieme all’antigene, riesce ad aumentare la risposta immunitaria. In questo caso le proteine vengono somministrate al paziente e non verranno prodotte dalle nostre cellule come invece abbiamo descritto nei due casi precedenti. Questo perché il processo di trasformazione da RNA a proteina viene eseguito in laboratorio, e inoculando il vaccino a proteine ricombinanti, inoculiamo appunto la proteina di cui il nostro corpo deve impegnarsi (solo) a fare l'identikit. Tra le tre tipologie di vaccino questa è la più lunga e complessa da sviluppare, ma è anche quella più consolidata e impiegata da molti anni. È una categoria di vaccini somministrata a milioni di persone nel tempo, che quindi ci porta a conoscere l'efficacia e gli effetti avversi che potrebbe causare sul lungo periodo.
Veniamo quindi alle nostre cinque domande.
1. Per quanto tempo il vaccino ci protegge dall’infezione da SARS-CoV-2?
Come per ogni medicinale, gli effetti a lungo termine non si possono conoscere, se non, appunto, dopo un lungo periodo; per questo motivo, ogni volta che un medicinale viene immesso in commercio (farmaco o vaccino), questo viene monitorato in quella che prende il nome di fase 4, o di sorveglianza post marketing, dove si raccolgono dati ulteriori su eventuali eventi avversi.
Quello che sappiamo ora dai trial è che, ad esempio, il vaccino di Moderna, che è quello di cui abbiamo più informazioni sulla durata della risposta immunitaria, e risulta efficace per almeno 3 mesi dalla somministrazione della seconda dose; saranno necessari studi epidemiologici per valutare oltre tale periodo.
2. Quante dosi servono per essere immunizzati?
Sempre tenendo conto che non sappiamo per quanto dura l'immunizzazione, per la maggior parte dei vaccini in studio in questo momento le dosi necessarie sono due. Per quanto riguarda i vaccini autorizzati dall’EMA fino ad adesso, ovvero Pfizer- BioNTech e Moderna, sono necessarie due dosi a distanza rispettivamente di 21 giorni e 28 giorni. Anche per quanto riguarda il vaccino di Astrazeneca- Oxford, che verrà approvato a breve in Europa, e che è già stato approvato in alcuni paesi quali la Gran Bretagna, l’Argentina e l’India, la somministrazione avverrà in due tempi a distanza di 28 giorni.
3. È vero che i vaccini ad mRNA possono modificare il DNA?
Assolutamente no. L'RNA non entra nel nucleo della cellula, che è il luogo in cui è contenuto il genoma, ovvero il patrimonio genetico di ciascuno di noi.
4. I vaccini contro COVID-19 possono provocare delle reazioni avverse? Nel caso di comparsa, a chi bisogna rivolgersi?
Come avviene in tutti i vaccini, anche il vaccino contro il SARS-CoV-2 ha degli effetti avversi. Gli effetti più comuni riscontrati dopo i vaccini di Pfizer- BioNTech, Moderna e Astazeneca-Oxford sono: indolenzimento nel sito dell’iniezione, febbre, mal di testa e stanchezza. Raramente si sono riscontrate delle reazioni allergiche dopo la somministrazione del vaccino, soprattutto in soggetti che già manifestano una storia di allergia per altri allergeni. Per questo, se vengono indicate allergie pregresse, se viene ritenuto opportuno dal medico, il vaccino potrà non venire somministrato. In caso di effetti collaterali è necessario segnalarli, rivolgendosi al proprio medico di famiglia, al Centro Vaccinale, al farmacista di fiducia, oppure alla ASL di appartenenza. La segnalazione può essere effettuata anche direttamente compilando il modulo che si trova sul sito dell’AIFA e seguendo le istruzioni descritte per inviarlo.
5. Dopo aver ricevuto il vaccino potremo tornare alla vita di prima?
Non è ancora noto se il vaccino impedisca la circolazione e la trasmissione del virus SARS-CoV-2, oppure semplicemente blocchi le forme più gravi della malattia, rendendoci asintomatici, ma comunque contagiosi. Fino a quando la maggior parte della popolazione non sarà vaccinata e immune, e finché non avremo più informazioni a riguardo, dobbiamo mantenere le precauzioni a cui ci siamo abituati, quali indossare la mascherina, mantenere la distanza fisica tra le persone, lavarsi spesso le mani, e tenere sempre un occhio di riguardo verso le fasce di popolazione più deboli.
Charlotte Eman
[Questi sono solo alcuni dei dubbi insorti negli ultimi mesi; le risposte a queste, e altre domande, sono facilmente reperibili sul sito del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)]