Risale ormai agli inizi di dicembre la notizia sconvolgente della presenza di microplastiche nella placenta umana.
Oggi, noi di Mada Advances, vogliamo approfondire lo studio effettuato e darvi la possibilità di capire meglio a cosa possa portare questa scoperta.
La ricerca, tutta italiana, è stata svolta dall’Ospedale Fatebenefratelli di Roma, insieme al Politecnico delle Marche, e pubblicata sulla rivista scientifica Environment International. Gli scienziati hanno analizzato le placente di sei donne sane tra i 18 e i 40 anni, consenzienti alla ricerca e con gravidanze normali, tramite una tecnica di analisi chiamata spettroscopia di Raman. Questa metodica sfrutta l’interazione della luce con la materia, più precisamente la luce che viene diffusa (scatter) dall’oggetto, ottenendo così informazioni sulla struttura e/o caratteristiche del materiale che si sta analizzando. La spettroscopia di Raman fornisce uno spettro peculiare, una sorta di “impronta digitale”, delle molecole analizzate che viene utilizzato per identificare una sostanza.
Grazie a questa metodica sono stati rilevati, in questo studio, dei frammenti derivanti da 12 tipi diversi di microplastiche (di dimensioni variabili tra i 5 e i 10 µm) in 4 diverse placente. Le microplastiche trovate sono state analizzate in termini di morfologia e composizione chimica. Tutte presentavano dei pigmenti (colori), tra cui l'idrossido ferrico (molto utilizzato nei cosmetici come BB cream o fondotinta) e il violanthrone, utilizzato per colorare i tessuti.
Facciamo però un passo indietro per capire dove si trovino e cosa siano le microplastiche.
Cosa sono le microplastiche
Le microplastiche sono particelle più piccole di 5mm che derivano dalla degradazione della plastica. I fondali marini di tutto il mondo, ed in particolare del mar Mediterraneo, sono cosparsi da plastiche e microplastiche. Queste possono essere facilmente trasferibili dall’ambiente agli organismi viventi, argomento di cui abbiamo già parlato in passato, in un fenomeno noto come bioaccumulo. Infatti, più volte è stata riscontrata la presenza di microplastiche nel cibo, in particolare nei frutti di mare, nel sale marino e alcune volte anche nell’acqua potabile. Le microplastiche sono state anche rilevate nel tratto gastrointestinale di molti animali marini e nell’intestino umano.
È plausibile pensare che le microplastiche siano entrate nel nostro organismo tramite il cibo contaminato?
Purtroppo, gli autori non hanno ancora una risposta per questa domanda. Tuttavia, date le dimensioni delle particelle ritrovate nelle placente, è plausibile che siano entrate per via aerea (quindi inalate) o ingerite e poi trasportate tramite il sangue nei vari organi.
Quali sono le conseguenze della presenza delle microplastiche nel nostro organismo?
Le conseguenze
Come ipotizzato dagli autori del lavoro, la presenza di microplastiche nel nostro organismo può essere percepita come un “corpo estraneo” e scatenare una reazione immunologica localizzata, in questo caso nei confronti della placenta. La presenza delle microplastiche nel tessuto placentare prevede la riconsiderazione dei meccanismi immunologici della “self-tolerance” (tolleranza nei confronti di ciò che appartiene al nostro organismo).
La placenta è un organo temporaneo che rappresenta l’interfaccia tra il feto e l’ambiente circostante. È formata da un lato dai tessuti originati dall’embrione e dall’altro da tessuti originati dalla madre, nonostante ciò, non viene percepita dall’organismo materno come un qualcosa di estraneo e quindi di attaccabile dal sistema immunitario. Tuttavia, come ipotizzato da studi precedenti, questo sottile equilibrio potrebbe essere perturbato dalla presenza di microplastiche. Sembra infatti che una volta entrate nel nostro organismo, queste particelle possano accumularsi in determinati organi e sviluppare tossicità tramite l’attivazione di una risposta immunitaria localizzata.
La presenza delle microplastiche nella placenta potrebbe anche portare alla perturbazione di meccanismi cellulari essenziali per lo sviluppo del feto, come ad esempio interferire con la segnalazione dei fattori di crescita sia durante che dopo l’impianto dell’embrione. Ciò porterebbe a problemi nella gestazione e terminazioni premature della gravidanza.
Inoltre, come visto in questo studio, le microplastiche contengono al loro interno altre sostanze chimiche che, una volta rilasciate, potrebbero essere tossiche per il nostro organismo e/o per il feto oppure potrebbero agire come perturbatori endocrini (sostanze che alterano la normale funzionalità ormonale dell’apparato endocrino) provocando dei disturbi della salute a lungo termine.
Questo studio getta le basi per approfondire i livelli di esposizione del nostro organismo alle microplastiche ma saranno necessari ulteriori ricerche per capire al meglio gli effetti che queste particelle hanno sia sulla placenta che sul corpo in generale.
Sharon Spizzichino