Ophiocordyceps unilateralis è un fungo parassitoide tropicale che infetta le formiche, in particolare quelle della specie Camponotus leonardi, riuscendo a sfruttare i piccoli e laboriosi insetti per riprodursi, arrivando persino a controllarne il comportamento per i propri scopi (salvo poi farle morire di tetano). Come mai questa apparentemente macabra curiosità scientifica potrebbe essere per noi rilevante?
Il perché arriva dall’Università della Florida Centrale, specificatamente dalle ricerche della biologa Charissa de Bekker e del Parasitic Behavioral Manipulation Lab, incentrate proprio a studiare tale parassita. Partiamo dall’inizio. Cosa succede alle povere formiche? Una volta infettate, Ophiocordyceps unilateralis sarebbe in grado di prendere il controllo - secondo alcuni a livello cerebrale, secondo altri a livello muscolare - e di indurre gli insetti ad allontanarsi dal formicaio per poter raggiungere luoghi più isolati e umidi, ottimali per la propria riproduzione. Il tempo di incubazione nelle formiche è di dieci giorni, e ciò permette al fungo di infettare altri soggetti; le formiche avrebbero infatti un meccanismo di difesa di gruppo, che le porta a isolare in fretta il soggetto malato al fine di proteggere la società del formicaio. Con un tempo di incubazione così lungo però, il fungo è in grado di evitare tale strategia, perpetuando così il suo ciclo vitale.
Fatta questa doverosa premessa, i ricercatori del gruppo di Bekker sono convinti che un meccanismo simile potrebbe avvenire all’interno del nostro corpo, grazie all’azione della nostra flora batterica che interagirebbe col nostro sistema nervoso. L’uomo è, ovviamente, un sistema più complesso; ciononostante, le ricerche che indagano la relazione tra il nostro comportamento e lo stato di salute del nostro microbiota intestinale non è di certo una novità, ma risale almeno alla fine degli anni ’90. La nostra capacità di regolare le emozioni, le funzioni neuromuscolari ed alcuni circuiti ormonali possono essere influenzati e controllati dal nostro microbiota, ovvero l’insieme di microrganismi (batteri soprattutto) che vivono nel nostro intestino. Diversi disordini dell’umore come ansia e depressione sono stati collegati con l’alterazione dell’equilibrio della nostra flora intestinale, non solo durante la nostra vita adulta, ma anche durante la nostra vita fetale, poiché risentiremmo dell’influenza del microbiota materno.
L’ipotesi è che i batteri del nostro intestino siano in grado di influenzare il nostro sistema nervoso tramite il nervo vago e la fitta rete di nervi di cui il nostro intestino è dotato, nonché attraverso la metabolizzazione di alcuni elementi che ingeriamo. Alcune sostanze nutritive vengono infatti digerite grazie a specifici enzimi, e come risultato permettono al nostro intestino di ottenere metaboliti come il triptofano, fondamentali per la costruzione dei famosi ormoni dell’umore (come la serotonina). La dieta e la presenza di malattie del tratto gastrointestinale sono i due maggiori fattori che influenzano la nostra flora batterica. Con l’incremento esponenziale che le sindromi ansioso-depressive e i disordini dell’umore hanno avuto negli ultimi decenni, la possibilità di ottenere un significativo miglioramento semplicemente tramite la definizione di una flora batterica sana e funzionale è promettente. Tuttavia, è ancora decisamente presto per cantare vittoria, poiché questa branca di ricerca risulta ancora nelle sue fasi più embrionali. Il discorso, infatti, si complica ulteriormente se si pensa che non stiamo parlando unicamente di comunicazione tra intestino e sistema nervoso (e quindi impatto sulla salute mentale), ma anche con la risposta immunitaria, endocrina e metabolica. La buona notizia è che le prospettive sono interessanti, e non si parla solo quindi di cura di questi disturbi ma anche di vera e propria prevenzione.
A confronto con le nostre amiche formiche, il nostro sistema è molto più complesso ed intricato, e il solo squilibrio microbico intestinale non può essere sufficiente a governare le nostre fibre muscolari e ad indurci al suicidio (come di fatto avviene nel caso delle nostre povere formiche zombie). I risultati delle future ricerche potrebbero però stupirci e fornirci nuove lenti per interpretare i comportamenti umani e nuovi strumenti per curare e prenderci cura della nostra salute, fisica e mentale. Per ora: abbiate cura del vostro intestino e dei vostri amici batteri!
Cos’è il microbiota
L’intestino umano è popolato da circa 1014-15 batteri appartententi ad almeno mille specie diverse - si stima addirittura che ci siano più batteri nel nostro corpo che cellule. Il nostro intestino però inizia a popolarsi di batteri solo dopo la nascita, e la tipologia di abitanti può variare già in base alla tipologia di parto (naturale o cesareo). Durante i primi anni di vita, il microbiota si stabilizza in base alla genetica dell’individuo, alla sua posizione geografica che ne derminerà la dieta di base, e al possibile uso di medicine. Sono molte ormai le evidenze scientifiche che imputano l’azione benefica di una dieta sana ed equilibrata (stile mediterraneo per esempio) alla riduzione dei livelli di depressione e ansia, proprio in realzione ad una differente tipologia di microbiota. Al contrario, come un consumo di cibi ricchi di grassi e zucchero sembrano aumentarne i disturbi in bambini e adolescenti. Inotre, la manipolazione del macrobiota tramite probiorici o antibiotici sarebbe in grado di influenzare comportamenti simil-depressivi, migliorandoli.
Claudia Zagami