La maggior parte di noi, quando sente dire che qualcosa è “chimico” storce il naso, lo so. L’opinione pubblica ormai associa la chimica, almeno nelle sue applicazioni produttive su larga scala, al male per antonomasia, sia per la salute dell’uomo sia degli equilibri ambientali.
Non si può negare però, che la chimica abbia influito positivamente sullo sviluppo economico e tecnologico dei paesi industrializzati con l’avvento del petrolio e delle materie plastiche, che abbia garantito ai malati di sopravvivere attraverso l’utilizzo di antibiotici e farmaci e che abbia permesso di sfamare una popolazione mondiale sempre crescente attraverso l’uso di fertilizzanti per la coltivazione delle specie vegetali.
Sebbene tutti noi godiamo dei benefici generati dallo sviluppo industriale e dalla crescita produttiva, non possiamo non tener conto del rovescio della medaglia: i grandi costi ambientali e sociali. E’ impossibile dimenticarsi dei disastrosi incidenti di Seveso e Bhopal, della formazione del buco dell’ozono, fino ai più recenti cambiamenti climatici e all’inquinamento atmosferico e degli oceani.
A tal proposito, in un’ottica di sostenibilità e di salvaguardia ambientale, a partire dagli anni ‘90 le agenzie ambientali governative, l’industria e le università di tutto il mondo, stanno elaborando ed assumendo un codice di comportamento che individua strategie precise per non compromettere l’esistenza delle generazioni future. Grazie a due professori statunitensi, Anastas e Warner, nel 1991 è nata la “Green Chemistry”, che più che una branca della disciplina può essere vista come un approccio etico, che mira a guidare le applicazioni della chimica verso modalità più sostenibili per l’ambiente, l’economia e la popolazione. Questo è un approccio trasversale, poiché multidisciplinare: infatti coinvolge altre scienze, quali la fisica, la biologia e l’ingegneria ed ha i suoi risvolti positivi nell’economia e nel benessere dell’ambiente e della società.
Nello specifico, come possiamo seguire la filosofia della green chemistry?
Possiamo pensare di progettare prodotti e processi chimici che mirino a ridurre o eliminare l’utilizzo o la produzione di sostanze pericolose o dannose, applicando questo approccio all’intero ciclo di vita dei prodotti.
Pensate ai nuovi sacchetti che vi forniscono al supermercato, sapete di cosa sono fatti?
Il materiale si chiama MATER-BI, è una plastica biodegradabile e compostabile, sintetizzata a partire da amido di mais e oli vegetali, fonti naturali che hanno un’incidenza minima sulle risorse idriche del pianeta. Questo materiale incarna perfettamente la filosofia sostenibile, poiché se disperso nell’ambiente, può essere degradato dai microrganismi in sostanze più semplici (acqua, anidride carbonica e metano), altrimenti se inviato ad impianti di compostaggio può essere trasformato in un ottimo fertilizzante. Una bella differenza rispetto ai vecchi sacchetti di plastica prodotti a partire dalla lavorazione del petrolio, che tanto hanno inquinato i nostri mari e i nostri suoli.
Anastas e Warner coscienti della difficoltà dell’implementazione di questa etica nell’industria chimica, sono venuti in nostro aiuto stilando una lista di principi da considerare per permetterci di ridurre l’inquinamento chimico, tra cui:
Prevenzione: durante la produzione di composti chimici a partire da sostanze più semplici (sintesi chimica), sarebbe opportuno prevenire la produzione di rifiuti chimici. Il miglior modo per gestire i rifiuti è quello di non produrli in assoluto.
Massimizzazione: Le reazioni chimiche utilizzate, dovrebbero prevedere una resa abbondante in prodotti, per evitare lo spreco di reagenti.
Sintesi chimiche meno pericolose: gli scienziati si dovrebbero preoccupare che, durante la sintesi, non si vengano a creare dei prodotti intermedi pericolosi per l’uomo o l’ambiente. Tutto ciò sarebbe possibile solamente attraverso il design di prodotti chimici meno tossici, che possano degradarsi in sostanze innocue dopo l’utilizzo, con l’impiego di solventi più sicuri e con condizioni industriali di reazione meno drastiche, evitando le alte pressioni e le alte temperature.
Tutto questo non basta, ci sarebbe bisogno di utilizzare materie prime rinnovabili, utilizzare dei catalizzatori, monitorare in tempo reale le sintesi per evitare la formazione di prodotti indesiderati, ma soprattutto minimizzare le probabilità di incidenti chimici come esplosioni e rilasci accidentali di sostanze dannose nell’ambiente.
Se ci fate caso, il condizionale è il modo verbale più utilizzato in questi principi, proprio perchè non tutte le proposte fatte sono di facile realizzazione. La chimica industriale fino agli anni novanta si è basata su sintesi e processi ben consolidati, impianti chimici già precostituiti e mirava ad ottenere grandi quantità di prodotti a costi contenuti con poca attenzione alle conseguenze della produzione di massa. Cambiare il paradigma e ricominciare da zero ha richiesto inventiva, investimenti, incentivi statali e interventi legislativi. Sappiamo tutti che prima o poi si dovranno sostituire i vecchi carburanti fossili, inquinanti ma economici, con i nuovi biocarburanti, sostenibili ma più cari, e di come questo potrà incidere negativamente sul mercato e sulle economie dei paesi in via di sviluppo. Naturalmente tutti i governi del mondo devono essere disposti a fare questi sacrifici, poiché ne va della riduzione dell’inquinamento atmosferico.
Mettendo i costi e i benefici sul piatto della bilancia, solo nell’ultima decade, da quanto il valore di CO2 nell’atmosfera è iniziato a salire in modo vertiginoso, abbiamo visto come i benefici dei biocarburanti valgano bene il loro prezzo più alto. Ci si appella quindi alla coscienza, alla perseveranza e alla creatività di scienziati, ingegneri ed economisti, che solo unendo le loro forze potranno garantire la chimica verde. Questa grande svolta è in parte anche nelle mani di noi cittadini: mossi da sani principi, potremo scegliere di informarci e di acquistare prodotti più sostenibili. La Green Chemistry quindi, è il futuro della chimica, è un campo aperto alle nuove idee, all’innovazione tecnologica, al progresso più rivoluzionario ed è l’unico approccio da perseguire se vogliamo garantire ai nostri figli un mondo più vivibile.
Giorgia Sed
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