top of page

Inquinamento e attivita' umane: impatto sugli organismi marini


Da qualche anno, e sempre più spesso, si sente parlare di “global change”, “effetto serra” e “plastic pollution” soprattutto grazie alle campagne di sensibilizzazione portate avanti da organizzazioni internazionali non governative e alla mobilitazione che si è generata intorno all’azione dell’ormai famosa Greta Thunberg. Gli scienziati studiano i cambiamenti climatici già’ da molti decenni, ma le proporzioni che questi fenomeni hanno raggiunto, fanno in modo che tale argomento non sia più l’unica prerogativa degli specialisti del settore, ma di tutti noi.


In questo articolo approfondiremo il tema dell’inquinamento e dei suoi impatti sul sistema marino. Con il termine inquinamento si indica l’alterazione delle caratteristiche naturali di un ecosistema. L’origine può essere naturale o antropica (cioè umana) e può provocare effetti dannosi diretti o indiretti sia sulla salute dell’uomo che sull’ambiente.


Si vedono spesso immagini dell’ormai noto “Pacific trash vortex” o “Great Pacific garbage patch”, che si riferiscono all’ enorme isola galleggiante di rifiuti in mezzo all’Oceano Pacifico, tra Giappone e California. Si stima che questo accumulo di rifiuti abbia dimensioni tra i 700 mila e i 10 milioni di km2 ed uno spessore di 5-10 metri.

La “Great Pacific garbage patch” è solamente la più grande tra le isole di rifiuti disseminate nel mondo, è stata infatti riscontrata la presenza di altri accumuli nell’Oceano Atlantico ed Indiano, nei mari dell’Artico e nel Mar Mediterraneo. Queste “isole” si formano perché circa l’80% dei nostri rifiuti si riversa in mare, andando ad accumularsi nelle zone di convergenza delle correnti superficiali (dette “gyres”), non riuscendo più a disperdersi o dissolversi completamente. Si parla di milioni di tonnellate di rifiuti che, essendo composti prevalentemente da microplastiche, non sono totalmente visibili da satellite, rendendo le stime sempre approssimative e sottostimate.


Queste enormi isole hanno ovviamente effetti su una moltitudine di animali marini. Parliamo di effetti sia diretti, quando gli animali restano intrappolati dall’intreccio di reti, bottiglie, serbatoi, boe, buste (e un’altra serie infinita di oggetti flottanti); sia indiretti, perchè disgregandosi in microparticelle, finiscono nello stomaco di moltissime specie, causando occlusioni o perforamenti dell’apparato digerente. Questa plastica entra quindi a far parte di tutta la rete trofica, (il nome con cui è più appropriato definire una piramide alimentare, quando si parla di ambienti marini).

In generale, lo scarico in mare di rifiuti solidi, determina, soprattutto in ambito costiero, un aumento della torbidità delle acque, con un conseguente impatto su tutti gli organismi fotosintetici (che hanno bisogno di luce per vivere), come alghe, fitoplancton e piante marine come la Posidonia oceanica, che costituisce un ecosistema tipicamente mediterraneo e ospita circa l’80% della biodiversità costiera.


Il problema più grande non è costituito solamente dai rifiuti plastici e dalle sostanze inquinanti che si accumulano nei nostri mari, soffocando tartarughe, cetacei e uccelli marini, esistono anche altre forme di inquinamento e altrettanti sistemi naturali colpiti. Parliamo di inquinamento atmosferico, acustico, termico, biologico, da sostanze tossiche e l’eutrofizzazione. Ognuno di questi ha effetti devastanti sugli oceani e sulle specie che ospita, dal più piccolo organismo filtratore o detritivoro, ai pesci erbivori, ai piccoli e grandi predatori che si trovano al vertice della piramide, con il conseguente impoverimento e squilibrio di tutto il sistema ambiente-organismi del nostro pianeta. Vediamo insieme alcune di queste forme inquinanti.


L’inquinamento atmosferico consiste nel rilascio di sostanze dannose nell’atmosfera che portano, tramite una serie di meccanismi, all’acidificazione delle acque. Tutti gli organismi marini vivono in intervalli di pH, o di acidità, più o meno ampi, a seconda delle specie. Gli organismi marini più “esigenti” che vivono in intervalli di pH ristretti sono ovviamente i primi a subire il cambiamento, basta quindi poco per alterare il loro equilibrio. Rientrano in questa categoria i coralli, che stanno globalmente subendo una moria graduale detta “sbiancamento” dovuta alla morte delle cellule fotosintetiche e quindi alla perdita del loro naturale pigmento. Quello che ne rimane è quindi il carbonato di calcio di cui e’ composto lo scheletro del corallo, ormai senza vita. Le barriere coralline ospitano un’ampia parte della diversità costiera di tutto il mondo. Con la loro morte quindi, si assiste a una drastica diminuzione di tutte quelle specie che, per la loro alimentazione e riproduzione, dipendono da questo ecosistema.


Anche l’inquinamento acustico ha forti impatti sul sistema marino. Infatti, il rumore e le vibrazioni prodotte in mare dalle attività umane possono interferire in vario modo con la vita animale, soprattutto per quelle specie che comunicano tramite biosonar (in particolare i cetacei). La capacità di comunicare, di riconoscersi, di incontrare il partner, di segnalare pericolo o di individuare ostacoli e’ così fortemente compromessa.

Esiste anche un inquinamento biologico, dovuto all’introduzione di specie alloctone, cioè di specie che normalmente non abitano in un determinato ambiente e che, non trovando i suoi naturali predatori e competitori, si riproducono senza ostacoli. Queste condizioni favorevoli portano ad un’espansione incontrollata della specie “aliena”, creando grandi danni alle specie endemiche del territorio in cui è avvenuta l’immissione. Questa sembra essere la seconda più grave minaccia alla perdita di biodiversità, dopo la distruzione degli habitat, come le barriere coralline. Alla base di questo tipo di inquinamento vi è una cattiva gestione dei rifiuti umani e animali e delle acque reflue nell’entroterra.


Le sostanze tossiche come petrolio, prodotti chimici e metalli pesanti, provenienti dai processi industriali, vengono facilmente assorbite dagli organismi, entrando a far parte dei loro cicli vitali e colpendo tutta la rete trofica. Queste tossine, passando da un livello trofico all’altro e si accumulano in maniera sempre maggiore da un individuo al suo predatore. Proprio per questo motivo gli organismi predatori al vertice delle catene alimentari e quelli di taglia maggiore (tonni, squali, delfini) sono anche quelli in cui si verificano presenze maggiori di contaminanti o inquinanti. Questo processo è detto bioaccumulo o biomagnificazione.


Altra forma di inquinamento da citare è leutrofizzazione dovuta principalmente allo sversamento in mare di detersivi e/o di sostanze nutritive (fertilizzanti chimici provenienti dall’agricoltura) dai fiumi, provocando quindi la proliferazione della flora acquatica che consuma l'ossigeno disciolto (alghe) sottraendolo alle altre specie e mettendo in pericolo la vita dell’intero sistema idrico. Questo fenomeno è all'origine delle cosiddette maree rosse, verdi o marroni che spesso si verificano sulle nostre spiagge e che hanno un effetto dannoso sulla salute umana.

Alle fonti di inquinamento discusse in questo articolo, vanno aggiunte tutte le attività umane dirette, come la sovrappesca, l’acquacoltura, la costruzione di moli e opere costiere, l’urbanizzazione, la distruzione ambientale e la deforestazione. Attività’ che, se non gestite con un occhio all’ambiente, hanno effetti devastanti sugli habitat e sulle risorse marine stesse.

Sono molto attuali le dispute tra scienziati sulla causa dei cambiamenti climatici. Se sia di origine antropica o meno, si converge sul fatto che noi esseri umani stiamo decisamente velocizzando il naturale cambiamento del clima. Non diamo tempo alla terra di rigenerare le proprie risorse, creando così’ disequilibrio in tutti i sistemi naturali in cui interferiamo. Alla luce di ciò che abbiamo descritto nell’articolo, è intuitivo pensare che tutte le nostre azioni abbiano un inevitabile e potente impatto sul sistema e sull’ambiente in cui viviamo, spesso negativo.


Selvaggia Cognetti De Martiis




A cura di:

Sharon Spizzichino

Shirley Genah






Comments


bottom of page