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Paracetamolo: Amico o Nemico?

20 febbraio 2020

“Assume accidentalmente troppo paracetamolo e muore. Amber Hickford, 26 anni, di Rochdale, Greater Manchester, aveva una brutta infezione alle vie urinarie che le aveva causato un grave mal di stomaco e forti vertigini. Per cercare di sedare i sintomi ha assunto del paracetamolo ma in quantità eccessive, così ha chiamato i soccorsi che però non sono mai arrivati in tempo.” da “il Messaggero”)

Oggi analizzeremo insieme perché il paracetamolo, pur essendo il farmaco di automedicazione più venduto in Italia, deve sempre essere utilizzato con parsimonia.


Il paracetamolo: storia e funzione


In Italia, il paracetamolo si affacciò sul mercato per la prima volta nel 1957 con il nome appunto di Tachipirina®.

E’ un farmaco dotato di attività analgesica e antipiretica (riduzione della febbre), ma il meccanismo con cui questo farmaco esplica la sua azione non è ancora stato del tutto chiarito. L'ipotesi più accreditata è che questa molecola svolge le sue azioni attraverso l'inibizione di una forma dell'enzima ciclossigenasi espressa soprattutto a livello centrale: la COX-3.

La ciclossigenasi è un enzima di cui si conoscono tre diverse isoforme (molecole che sono dotate della stessa funzione ma differenziate dalla struttura): la COX-1, la COX-2 e la COX-3. Il compito di questi enzimi è quello di convertire l'acido arachidonico in prostaglandine, prostacicline e trombossani. In particolare, le prostaglandine mediano le risposte dolorose e sono implicate nei meccanismi che provocano l'innalzamento della temperatura corporea. Il paracetamolo, quindi, inibendo la COX-3 a livello centrale, impedisce la sintesi delle prostaglandine responsabili dell'insorgenza di febbre e dolore.

Attenzione!

Data la sua azione antipiretica, si consiglia di somministrare il paracetamolo solo quando si raggiungono i 38,5°C, poiché l'azione di questa molecola è quella di diminuire la temperatura corporea, indistintamente dai gradi di partenza!

Ciò vuol dire che se la temperatura corporea è 37°C, il paracetamolo agirà comunque abbassandola, con rischio di ipotermia.

Perché non è sempre necessario abbassare la febbre?


La febbre non è una patologia ma un sintomo: permette infatti di debellare virus e batteri che non riescono a sopravvivere a elevate temperature: la febbre è un meccanismo difensivo che è bene non sopprimere!

La temperatura corporea normale è di 37° con una certa variabilità personale. Quando si raggiungono i 37,7° si inizia a parlare di febbre. A 38° la maggior parte dei batteri non riesce più a sopravvivere e a 38,9° i virus diventano incapaci di replicarsi e diffondersi nell’organismo. Con l’aumento della temperatura corporea non solo si contrastano virus e batteri ma si stimola il sistema immunitario ad attivarsi, nello specifico si attivano i linfociti T CD8 che sono in grado di distruggere cellule cancerose e cellule infettate da virus. L’aumento della temperatura stimola inoltre i neutrofili che sono gli unici tipi di cellule del sistema immunitario in grado di attaccare selettivamente i batteri. Infine con la temperatura si attivano tutta una serie di enzimi che rendono l’ambiente corporeo ostile per la prolificazione dei microrganismi patogeni.

Chi può utilizzare Paracetamolo?


Il paracetamolo può essere utilizzato in gravidanza, ma solo dopo aver chiesto il consiglio del medico e solo dopo che quest'ultimo ha effettuato una valutazione del rapporto fra i benefici per la madre e i rischi che potrebbero esserci per il feto. Il paracetamolo viene escreto in piccole parti nel latte materno e sono stati riportati casi di sfogo cutaneo nei lattanti le cui madri hanno assunto paracetamolo. Tuttavia, il farmaco può essere comunque assunto durante l'allattamento, ma con cautela e solo dopo aver chiesto il consiglio del medico.

L'utilizzo del paracetamolo è controindicato nei seguenti casi:

■ In pazienti con ipersensibilità nota alla molecola;

■ In pazienti con anemia emolitica (patologia dovuta a un’eccessiva distruzione dei globuli rossi);

■ In pazienti affetti da patologie epatiche poichè, a differenza degli altri antinfiammatori che danno un carico soprattutto a livello gastrico, il paracetamolo si concentra a livello del fegato;

■ In pazienti che soffrono di fenilchetonuria (malattia del metabolismo degli aminoacidi)

Attenzione!

L’ingestione acuta di una dose superiore a 140 mg/kg nei bambini o 6 grammi negli adulti è potenzialmente epatotossica.

Il danno al fegato, o epatotossicità, non deriva dal paracetamolo tale e quale, ma da uno dei suoi metaboliti, l'N-acetil-p-benzochinoneimmina (NAPQI). L'NAPQI riduce la concentrazione d glutatione, un antiossidante naturale, a livello epatico e causa un danno diretto alla cellule del fegato portando all'insufficienza epatica.

Si consiglia comunque di non superare mai i 3 grammi di somministrazione quotidiana nell’adulto.

L’effetto del paracetamolo ha una durata di 4/6 ore, con inizio degli effetti entro circa 30 minuti dopo l’assunzione.

Curiosità: il paracetamolo è letale se assunto accidentalmente da cani e gatti


Attenzione amanti degli animali, oltre a tener lontano il paracetamolo dalla portata dei bambini, tenetelo lontano anche dai vostri amici a 4 zampe!

Mezza bustina di tachipirina 1000 mg è già tossica per un gatto medio che pesa all'incirca 5 kg. Nel cane la dose tossica è invece circa 200 mg/kg. Il suo potere tossico è legato ad un suo metabolita attivo che nell’arco di 2-4h, ossida l’emoglobina a metaemoglobina, una forma che non è più in grado di trasportare ossigeno, inoltre causa un danno epatico acuto.

Martina Ciavatti

Bibliografia:

K.R. Olson, Intossicazioni acute veleni, farmaci e droghe, Milano, Springer-Verlag 1999

P. Rang,M. Maureen Dale,James M. Ritter Farmacologia, Elsevier 2012

Laurence L. Brunton, Randa Hilal-Dandan, Bjorn C. Knollmann Le basi farmacologiche della terapia, Zanichelli 2019

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