L’estate è cominciata e il clima si fa sempre più caldo. Cosa c'è di meglio di un rinfrescante tuffo in piscina? Ma ecco balenare nella mente un dubbio che fa prendere alla nostra giornata una piega diversa: qualcuno avrà fatto pipì in piscina? E se sì, quanta urina c'è nell’acqua?
Il protagonista del nostro articolo è la ricerca della dottoranda Lindsay Blackstock, che ha provato a dare risposta a questo suo dubbio, calcolando la quantità di urina presente nelle piscine.
Studentessa di dottorato in tossicologia analitica e ambientale presso l'Università di Alberta, Lindsay Blackstock ha raccolto campioni di acqua da piscine pubbliche e private al fine di misurare la quantità di urina al loro interno. Invece che indagare la presenza di urea, che potrebbe avere altre sorgenti oltre all’urina, la Blackstock ha misurato la concentrazione di acesulfame K, dolcificante artificiale generalmente presente negli alimenti trasformati e bevande gassate, presente nelle urine perché non viene digerito dal nostro corpo. Nella ricerca sono state campionate 20 piscine e 10 vasche idromassaggio pubbliche, nelle quali la concentrazione media di acesulfame K è risultata di 470 ng/L per le piscine, e di 2247 ng/L per le vasche idromassaggio.
In media, quindi, la Blackstock ha rilevato 75 litri di urina per piscina; ma se volessimo generalizzare? Qual potrebbe essere la quantità di urina in qualsiasi piscina? A rispondere a questa domanda è il blogger e ingegnere statunitense Mark Rober, che basandosi sui dati raccolti dalla stessa Blackstock, ha ricavato una semplice equazione per capire quanti litri di urina corrispondessero a una specifica concentrazione di acesulfame K. L'equazione, secondo Rober, dipenderebbe unicamente dal numero di persone presenti in piscina, e quindi generalizzerebbe il calcolo per ogni situazione. Più specificatamente, per ottenere i litri di urina presenti in piscina (in media) bisognerebbe moltiplicare il numero di nuotatori per 4.6.
La Blackstock ha sicuramente confermato una paura comune: la gente fa pipì in piscina. E se da una parte siamo però rassicurati dal fatto che l’urea sia di fatto diluita all’interno della piscina, quanto possiamo stare tranquilli che i sistemi di purificazione dell’acqua funzionino a dovere su quella che, nostro malgrado, è presente?
La risposta è il cloro
Parliamo soprattutto di cloro, la sostanza più comunemente utilizzata nel trattamento dell'acqua delle piscine; il cloro non solo elimina batteri e alghe mediante un'azione disinfettante, ma ossida anche altri componenti come la semplice sporcizia.
Il cloro può essere utilizzato in varie formulazioni. A causa dei rischi associati al suo stoccaggio e utilizzo, sotto forma di gas di cloro (Cl2) è ormai usato raramente. Ultimamente tendono a essere usati sali di ipoclorito (NaClO) e cloruro di calcio (Ca(ClO)2) che impediscono la dissoluzione del solfato di calcio, componente leggermente solubile presente nelle stuccature delle piastrelle delle piscine.
Quando il cloro (in qualsiasi forma) viene aggiunto all'acqua, si produce un acido debole chiamato acido ipocloroso (HClO). È questo acido, non il cloro in sé, che attribuisce all'acqua la capacità di ossidare agenti inquinanti e permette che si disinfetti. Una corretta clorazione e filtrazione conferisce all'acqua della piscina il suo aspetto limpido e scintillante.
In acqua, l’acido ipocloroso esiste in equilibrio con l'ossidante più debole, lo ione ipoclorito. La concentrazione combinata di queste due sostanze chimiche nell'acqua della piscina viene definita "cloro libero disponibile" (Free avaiable chlorine - FAC). Gli ioni ipoclorito vengono rapidamente disgregati dai raggi UV causando il 90% della perdita di FAC nelle piscine all'aperto. Ciò significa che le piscine all'aperto richiedono una clorazione più frequente o l'aggiunta di altri prodotti chimici per stabilizzare i livelli di FAC rispetto, per esempio, ad una piscina al chiuso, meno esposta ai raggi solari.
In realtà, c’è un’altra ragionevole motivazione che dovrebbe allontanarci dall’urinare in piscina, oltre a questioni igieniche e di convivenza civile; si tratta delle indesiderabili reazioni chimiche che possono essere generate. L'ammoniaca e i composti simili all'ammoniaca come l’acido urico presenti nel sudore e nelle urine umane reagiscono con l'acido ipocloroso, producendo clorammine, le vere responsabili dell'odore caratteristico delle piscine. Oltre a conferire il caratteristico odore (erroneamente chiamato “odore di cloro”) le clorammine, soprattutto le tricloroammine, causano anche l’arrossamento degli occhi. Non solo, la tricloroammina è causa anche di asma, che infatti è più probabile che si verifichi tra i nuotatori professionisti rispetto a qualsiasi altro atleta di alto livello.
Sebbene considerato giustamente un tabù, il 19% degli adulti ha ammesso di aver urinato in piscina almeno una volta, persino Michael Phelps!
Debra Barki
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